mercoledì 16 giugno 2010

RECENSIONE


IL DECALOGO DEL CEMENTO SECONDO IL CARDINAL BERTONE

L'irresistibile vocazione del vaticano per il mattone e gli affari immobiliari


Un libro per ricostruire l'intreccio tra mattone, finanza, politica. E perfino Chiesa. Già, il Vaticano, con il suo immenso patrimonio immobiliare è diventato interlocutore privilegiato per imprenditori, banche, speculatori. Ecco "La Colata" (edizioni Chiarelettere), l'inchiesta di Andrea Garibaldi, Antonio Massari, Marco Preve, Giuseppe Salvaggiulo e Ferruccio Sansa. Un viaggio in Italia, dal Veneto alla Sicilia. Alla scoperta di una terra che tra piano casa, condono e speculazioni rischia di non essere più il Belpaese. Ma anche la storia di cittadini e comitati che si battono contro il cemento. Anche quello della Chiesa.
Qui di seguito ne pubblichiamo uno stralcio.


Palazzi, colonne, alberghi, ospedali, seminari, conventi. Nulla sfugge alla frenesia immobiliare della Chiesa: le parrocchie vendono i terreni ai costruttori, sotto i campi di calcio degli oratori si scavano autosilos. Un esempio, la trasformazione delle Colonie Bergamasche di Celle Ligure. Un tesoro di 13mila metri quadri di edifici e 70mila di parco. Una volta ci andavano i bambini, ora si punta sugli affari. Un impegno finanziario da 50milioni di euro, completamente coperto da un mutuo della Cassa di Risparmio di Genova con partner laici. La nuova vocazione parte da Genova e la Liguria, dove si sono ritrovati cardinali, manager e imprenditori, che il destino, la volontà di Dio o la finanza trasformano nei protagonisti del nuovo corso varato da Tarcisio Bertone e dai suoi fedelissimi. In Riviera la Curia si consola della crisi delle vocazioni con box e seconde case. Nascono preti-manager, come Pietro Tartarotti, "don Cento milini". Don Pietro è laureato in Economia e presidente dell'Idsc, l'Istituto della diocesi di Savona per il sostentamento del clero. Ma come rappresentante dell'Idsc, Tartarotti siede nei cda di società che muovono iniziative immobiliari per circa cento milioni. Nella sua lettera ai sacerdoti della diocesi del 2008, Tartarotti ricorda che "uno dei fini dell'istituto è di mantenere il patrimonio già in possesso e di produrre il maggior reddito possibile".

Noi, a Magliano, nel nostro piccolo non siamo da meno e, tra vendita di beni e il non pagare l'ici, facciamo la nostra parte (anzi, la loro, direi). Che fine hanno fatto, per esempio, i soldi della vendita del Convento del Giglio e perchè non si paga l'ici per le strutture di proprietà della diocesi che con il culto non hanno niente a che vedere?

Tratto da"Il Fatto Quotidiano" 11 giugno 2010

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