lunedì 24 maggio 2010

PAGINE DI STORIA



AI CONCITTADINI CADUTI PER LA PATRIA


Sulla facciata del palazzo comunale in Piazza Garibaldi fu posta l’8 settembre 1913 una lapide a ricordo dei nostri concittadini Eroli Alessandro, Rufini Ferdinando e Di Pietro Antonio caduti per la Patria nella guerra italo-turca dichiarata dal capo del governo Giolitti il 29 settembre 1911.




Il corpo di spedizione fu costituito da un comando di Corpo d’Armata, due Divisioni di fanteria, due Squadroni di cavalleria, un Reggimento di artiglieria da campagna, una Batteria di artiglieria da fortezza, una Compagnia di zappatori. Come truppe suppletive si contavano due Reggimenti bersaglieri con sezioni mitragliatrici, un Reggimento di artiglieria di montagna, un gruppo su due batterie di artiglieria di fortezza, un Battaglione zappatori su due compagnie, una Compagnia telegrafisti. Nel complesso 35.000 uomini, 6.000 quadrupedi, 48 cannoni da campagna, 24 da montagna, 4 stazioni radio da campo. Nei mesi successivi raggiunsero il teatro operativo altre forze per un totale di 55.000 uomini. Il rapporto di forze con gli Arabo-Turchi era pressoché alla pari: essi disponevano infatti di 30/35.000 uomini armati in Tripolitania e di 20/25.000 in Cirenaica.
Nelle prime ore del pomeriggio del 9 ottobre cominciò la partenza dei 12 piroscafi del primo convoglio; altri nove seguirono da Palermo poche ore dopo. I due convogli avrebbero dovuto riunirsi ad Augusta e fare rotta insieme alla volta di Tripoli; ma un attacco turco a tale città persuase il comando a distaccare le due navi più veloci per rafforzare al più presto le difese a tale presidio. Fu così che al mattino dell’11 presero terra i primi 5.000 uomini, tra fanti e bersaglieri. Il grosso della spedizione, 19 piroscafi scortati dalle 7 navi da battaglia della divisione navale (al comando del vice ammiraglio Paolo Thaon di Revel) e da 12 siluranti, partì da Augusta nella notte fra il 10 e l’11, gettando le ancore di fronte a Tripoli al mattino del 12. Per lo sbarco furono utilizzate circa settanta barche requisite ai pescatori di Pantelleria, più alcuni scafi costruiti appositamente per l’occasione, due grandi gusci uniti per i fianchi. Per agevolare la discesa di uomini e materiali furono gettati a terra due pontili di 15 metri. Il mare era mosso, ed il primo giorno scesero a terra solo 3.000 soldati; anche nei giorni successivi, mentre salpavano da Napoli altri 13 piroscafi, le operazioni procedettero lentamente, a causa del mare, ma anche per l’ingombro dei materiali sulle banchine, che costringeva i piroscafi ad una estenuante attesa. Il 15 ottobre giunse anche una flottiglia aerea, al comando del ten. col. Vittorio Cordero di Montezemolo, con 9 aeroplani; 3 Niuport, 2 Bleriot, 2 Farman, 2 Etrich, e dopo una settimana ebbe inizio una serie di missioni che avrebbero costituito delle vere e proprie “prime” nella storia dell’aviazione.
Gli oltre 20.000 soldati sbarcati con il primo gruppo del corpo di spedizione si schierarono all’interno e all’intorno della grande oasi di Tripoli. La linea orientale era tenuta dall’11 Reggimento Bersaglieri. Dopo alcune brevi scorrerie notturne di assaggio, svoltesi nei primi 10 giorni dopo lo sbarco, al mattino del 24 ottobre i Turchi e gli Arabi attaccarono più decisamente con circa 8.000 uomini. Furono effettuate due azioni diversive in due punti opposti dello schieramento meridionale italiano, preludenti all’attacco vero e proprio che fu portato su tutta la linea, dal mare al deserto. Numerosi contingenti penetrarono nell’oasi e assaltarono il Reggimento Bersaglieri, che venne poi anche attaccato alle spalle con azioni di cecchinaggio da guerriglieri arabi. In due punti, nel borgo di Hennì e nel villaggio di Sciara Sciat, i bersaglieri si trovarono presi fra due fuochi e isolati.
Se ad Hennì, dove aveva sede il comando di reggimento, riuscirono a resistere sino all’arrivo dei rinforzi, avvenuto nel pomeriggio, a Sciara Sciat due compagnie furono sopraffatte, disarmate e trucidate. Circa 250 Bersaglieri furono massacrati, e molti di essi furono decapitati ed evirati. Alla fine dell’infausta giornata, le perdite italiane ammontarono a 370 uomini di truppa e ad 8 ufficiali.




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